sabato 13 dicembre 2008

E parlano di moralità....

Breve ed incompleta radiografia della squadra del Pdl
Marcello Dell'Utri, senatore Pdl: condanna a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa
Raffaele Fitto, ministro per le Politiche regionali: indagato per corruzione e finanziamenti illeciti
Mario Landolfi, deputato Pdl: indagato per corruzione e truffa per favorire i clan
Altero Matteoli, ministro per le Infrastrutture: imputato per favoreggiamento su casi di abusi edilizi
Giancarlo Pittelli, deputato Pdl: indagato per associazione a delinquere e calunnia
Umberto Scapagnini, deputato Pdl: già condannato, è indagato per abuso d'ufficio
Roberto Calderoli, ministro per la Semplificazione: indagato per ricettazione nell'inchiesta Bpi
Roberto Castelli, sottosegretario alle Infrastrutture: abuso d'ufficio, con l'immunità ha avuto solo una multa

QUESTI SONO SOLO ALCUNI DI QUELLI CHE CI STANNO SFRACELLANDO I "COSIDDETTI" CON LE LORO LEZIONI DI MORALE .

E non abbiamo nemmeno nominato il loro datore di lavoro ... ma questa forse è la parte più pregevole del post

LA MISTERIOSA STRATEGIA DELL'ON. TREMONTI

La strategia anti crisi dell'Italia è ispirata alla massima cautela: misure dell'ordine dello 0,3 per cento del Pil contro il 7 per cento di altri grandi paesi. Si dice per tener conto del debito pubblico. Ma altrettanto rigore non è stato dimostrato in altre vicende. E' una situazione paradossale in cui il governo non ha né una politica fiscale proporzionata alla recessione che stiamo attraversando né una di stabilizzazione strutturale del debito. Ci guadagna solo il ministro dell'Economia, che dall'ambiguità vede aumentare il suo potere.
http://www.lavoce.info/articoli/-conti_pubblici/pagina1000790.html

lunedì 8 dicembre 2008

Chi fa incazzare e chi fa schifo!




Questione morale, lo scenario capovolto

di EDMONDO BERSELLI http://www.repubblica.it/2008/11/sezioni/politica/giustizia-4/berselli-8dic/berselli-8dic.html

Ci vuole la sfrontata fantasia di Silvio Berlusconi per attaccare il Pd sulla questione morale. Perché anche chi ha criticato la ventata populista dei primi anni Novanta, e non ha mai pensato che i giudici possedessero la chiave della rivoluzione politica, non può avere dimenticato la sequela di leggi ad personam volute dal capo del centrodestra, tutte tese a legare le mani a procure e tribunali, dal decreto Biondi del 1994 fino al "lodo Alfano". Il centrodestra ha dedicato quasi 15 anni a regolare i conti con la magistratura (le "toghe rosse", nel lessico berlusconiano). Alla fine, vinta la sua guerra personale, Berlusconi si è assunto tutte le responsabilità politico-penali della prima Repubblica, concludendo che i magistrati sono i veri colpevoli di ciò che ha spezzato una "storia di sviluppo e di libertà". Se si accetta il teorema di un sequestro della vita pubblica operato nei primi anni Novanta da Mani pulite, con il corollario di una lotta per la vita, durata fino a oggi, fra la politica e la giustizia, risulta facile chiudere il sillogismo argomentando che in questi giorni si assiste alla vendetta della giustizia contro chi pretese di cavalcarla, salvandosi immeritatamente dalla tempesta che travolse il sistema politico-affaristico di Tangentopoli. Ma è una ricostruzione distorta. Mani pulite travolse una classe di governo corrotta e sfinita. Il Pci-Pds non partecipava al governo nazionale, ed era meno implicato nell'oligopolio di Tangentopoli. Immaginare che il Pd attuale sconti la rivalsa della storia, e paghi integralmente la strategia di allora degli ex comunisti, significa da un lato equiparare i Democratici a eredi diretti del Pci, e dall'altro procedere secondo filosofie cospirative che in realtà spiegano ben poco della situazione attuale del partito guidato da Walter Veltroni. Nella realtà, il Pd sente il peso di un'abitudine al potere locale che scopre alcuni suoi vizi: negli ultimi anni, studiosi come Carlo Trigilia hanno messo in rilievo non tanto una "questione morale" nelle regioni rosse, quanto gli indizi, non proprio sporadici, di un degrado della qualità amministrativa. Alcuni episodi e situazioni, come il caso abruzzese della sanità, il disastro dei rifiuti a Napoli e la vicenda urbanistica di Firenze, rendono evidente questo aspetto (anche se Rosa Russo Jervolino e Leonardo Domenici rivendicano con orgoglio l'assoluta estraneità da coinvolgimenti penali). Quindi il Pd non dovrebbe limitarsi a respingere con disprezzo le provocazioni di Berlusconi. Se una decente qualità tecnica e morale nelle amministrazioni costituisce una delle risorse residue del partito, qualsiasi incrinatura in questo patrimonio va considerato un'insidia grave, che genera inquietudine e tende a rendere meno credibili le rivendicazioni come quella espressa polemicamente da Veltroni nella manifestazione del Circo Massimo ("Il paese è migliore della destra che lo governa"). In sostanza, è improprio e strumentale sostenere l'esistenza di una "questione morale" che grava sul Pd. Semmai un problema di dignità pubblica, di lealtà con i cittadini, di deontologia, di trasparenza, di stile, e talora di corruzione perdurante, incombe su tutta la politica italiana. Questo però si deve a ragioni che il Pd farebbe bene a esaminare con realismo, senza accontentarsi di formule manichee. La questione morale infatti non è il frutto della disonestà intrinseca agli uomini, alla politica o alla destra; è piuttosto il risultato di cattive pratiche, di lacune operative, di soluzioni mancate. Noi scontiamo le riforme incompiute, e la conseguente mancata razionalizzazione delle regole. Va da sé che si fanno sentire anche le riforme tradite, come è avvenuto con il Porcellum, autentica legge carogna voluta dalla destra per impedire all'Unione di governare. Ma paghiamo soprattutto l'incapacità di costruire un sistema istituzionale aderente a un rapporto chiaro fra governanti e governati, fra controllori e controllati, fra elettori e politica, fra affari e istituzioni, fra cittadini e giustizia: e questo non è imputabile a una parte sola. Quante volte Scalfaro, Ciampi e Napolitano hanno invocato riforme istituzionali ragionevoli? In aggiunta a questa tematica generale, che mette alla prova la sua vocazione a governare la modernizzazione del paese, il Pd ha l'obbligo di un esercizio radicale di onestà politica. Cioè di passare in rassegna regole interne, procedure, metodi di decisione. Per dire a se stesso se è effettivamente un'entità strutturata democraticamente, o se è piuttosto una somma di correnti autodefinite, di capi autonominati e di personalità cooptate. Un buon esame di coscienza è il primo passo per correggere scarti e deviazioni. E poiché ci vuole poco a capire che i possibili effetti della propaganda berlusconiana sulla questione morale si intrecciano alle difficoltà evidenti di per sé sul terreno politico, sarebbe bene rendersi conto che in questo momento al Pd non serve la routine, e neppure le parole d'ordine. Ci vuole una seria mobilitazione, organizzativa e istituzionale, per definire con chiarezza i contorni effettivi di un'emergenza; e per decidere razionalmente le contromisure.

domenica 7 dicembre 2008

Ministro ci “semplifichi” la vita…

Non mi interessa affatto partire dai ruoli ricoperti per decidere se delle considerazioni siano o meno valide. Che sia stato un Cardinale , di una Diocesi importante come quella di Milano, a richiamare al diritto di ognuno ad avere un luogo di preghiera , non lo trovo pertanto essenziale. Mi interessa molto di più il concetto espresso che condivido “senza se e senza ma “. Posso permettermi questa precisazione iniziale in quanto ritengo le gerarchie cattoliche alla stessa stregua di parlamentari o comunque di esponenti di spicco di uno Stato diverso dal mio. Ma per i cattolicissimi leghisti questo non può e non deve valere . Chi intende difendere la cristianità non può insultarne i massimi esponenti in nome di un becero e demenziale modo di interpretare la dottrina cattolica. Che la Lega Nord, in particolare, si sia contraddistinta per questo suo stravagante e ondivago metodo di intendere la cristianità non è certo una cosa nuova. Il Vangelo e le Sacre Scritture sono per questi individui come l’elastico delle loro mutande . Lo si tira e lo si allenta a seconda delle necessità del momento. Del resto la coerenza per il leghista , è un po’ come il coraggio per Don Abbondio “ chi non l’ha non se lo può dare “ .
Resta però una questione da capire, ovvero: se questo tira e molla sulla religione cattolica e sui suoi esponenti il leghista medio lo può fare nel proprio intimo , visto che sarà lui a rispondere davanti al Tribunale Divino ( se sono cattolici ci devono credere … e riflettere) il medesimo atteggiamento non può essere accettato da un Ministro della Repubblica. Nemmeno se il suo dicastero è del genere “varie ed eventuali”. Perché ,se non è logico che il cattolicissimo Ministro Calderoli si metta ad insultare pubblicamente il suo Arcivescovo , è ancora più grave che un esponente dello Stato Italiano insulti un suo omologo di uno Stato Straniero . Dico omologo in termini di ruoli ricoperti e non certamente in termini di intelletto , in quanto è palese a chiunque quanto il Cardinal Tettamanzi sia superiore al Ministro al punto da rendere il paragone assolutamente improponibile.
E allora che fare? Una prima cosa che apprezzeremmo molto , ad esempio, sarebbe che il Signor Calderoli la smettesse di romperci periodicamente i coglioni con le sue uscite da pseudopaladino della cristianità, che siano esse uscite verbali o mediante l'esposizione delle sue "magliette della salute" . Un’altra opzione ( da unire alla prima) potrebbe essere che: visto che hanno inventato per lui un Ministero denominato della “semplificazione” esclusivamente perché nell’accordo di governo la Lega pretendeva un tot di Ministri e non si sapeva dove piazzarlo ( e che per questo lo stiamo pagando lautamente con i nostri quattrini) faccia il suo mestiere : ci semplifichi la vita facendosi vedere e sentire il meno possibile.