domenica 1 giugno 2008

Tre modi di vedere le cose

Lo stesso problema visto da tre diverse angolazioni , da tre diverse concezioni della vita , del mondo e dei valori. Una risposta pressoché unica ; quella di persone che consapevoli della complessità del vivere hanno accettato di affrontare la propria esistenza senza scorciatoie e semplificazioni. Affrontando i problemi per quelli che sono ma soprattutto accettando il fatto di doversi confrontare faticosamente con gli altri e molte volte ammettere che non sempre la nostra verità
C’è poi un quarto modo di affrontare le cose ; quello della presunzione , della imposizione , del :” Ti faccio vedere io come si fa! “… in sintesi il metodo dei fascisti e dei leghisti e di tutti i beceri per cui, il mondo o va come dicono loro … o non va!
Con un piccolo dettaglio , non del tutto insignificante, questi ultimi ci governano!

“ Anche per quanti si richiamano al cristianesimo la situazione di queste settimane dovrebbe costituire un campanello di allarme: che cultura, che etica della vita si vuole comunicare? Che ne è dell'attenzione al povero, allo straniero, alla vedova e all'orfano - cioè alle categorie che non avevano diritti ed erano indifese alla mercé dei più forti? Che ne è dell'esempio delle prime comunità cristiane in cui si tendeva a che non ci fosse «nessun bisognoso» grazie alla condivisione, né si ammettevano discriminazioni nell'appartenenza tra giudeo o greco, uomo o donna, schiavo o libero? Che ne è delle parole di Gesù sull'amore per i nemici, sul perdono, sulla misericordia; o delle esortazioni dell'apostolo Paolo a «non rendere a nessuno male per male», a «vincere il male con il bene», a «cercare sempre il bene tra voi e con tutti»?...
…E non può non interrogare tutti - credenti e non credenti - il malcelato scherno con cui da più parti si stronca ogni richiamo verso una maggior giustizia ed equità sociale, verso una solidarietà fattiva, additandolo come «buonismo» pericoloso, denigrando le «anime belle» che credono nella forza della persuasione, del convincimento, del dialogo, della pace. Siamo davvero convinti di difendere la nostra identità di popolo e nazione civile fomentando il ritorno alla barbarie dell'homo homini lupus? Che «sicurezza» sarebbe mai quella imposta con la violenza, il sopruso, la vendetta, la violazione dei principi costituzionali? Se quella in cui siamo scivolati è un'emergenza, essa non ha il nome di un'etnia ma quello della nostra civiltà…
Enzo Bianchi
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cultura/200806articoli/33331girata.asp

Carissimo Presidente,
sono un'italiana residente all'estero ormai da diversi anni, ma nonostante questo sono sempre stata attaccata alla mia cara Italia. I suoi colori, la creatività, la vivacità, genuinità e ospitalità della nostra gente sono tutte cose che fino a pochi giorni fa venivano decantate all'estero come marchio dell'essere italiano e che tanto mi rendevano orgogliosa.
Come può ben immaginare, continuo a seguire tutti i fatti di attualità, di politica, di cronaca che riguardano il nostro Paese, e mi creda, mi rattrista dover confessare a Lei e prima ancora a me stessa che mi vergogno dell'Italia ritratta in questi giorni su tutte le prime pagine dei giornali nazionali e internazionali.
Signor Presidente ma che succede? Dove è finita la succitata "ospitalità" degli italiani? E' davvero possibile che il sentimento più forte che emerge nella popolazione sia ormai la paura dello straniero, del migrante, dell'immigrato?
La sicurezza è certamente un problema serio, ma non penso che il modo giusto di risolverlo sia quello di alimentare la paura e l'intolleranza nei confronti di persone comunitarie ed extracomunitarie. Piuttosto penso che una più attenta politica di integrazione sociale sia la soluzione al problema dell'Immigrazione che a mio avviso, non coincide (come il governo vuole far credere) con il problema della Sicurezza.
Siamo in EUROPA e credo sia assurdo leggere ancora sui giornali, titoli come "ragazza italiana violentata da un romeno". Con questo non voglio sminuire affatto la bruttura del reato, mi auguro soltanto che la giustizia faccia il suo corso indipendentemente da chi lo ha commesso. Quindi mi chiedo quale sia il bisogno di sottolineare la diversa nazionalità?
Sono una ricercatrice e il mio lavoro mi ha dato la possibilità di uscire fuori dai "nostri confini" e mi creda non ho mai trovato tanta intolleranza come quella che sta nascendo e che si sta alimentando negli ultimi tempi in Italia.
Adesso sono in Inghilterra e come lei sa qui di immigrati (comunitari ed extra comunitari) ce ne sono tanti, ma così tanti che non si può più fare una distinzione. Per farle solo un esempio, a Pasqua ero ad Oxford e in Chiesa ho assistito ad uno spettacolo meraviglioso: c'era tutto il mondo rappresentato in quella piccola Chiesa Cattolica. Mi colpì e mi commosse la diversità dei colori della pelle, dei costumi, ma al tempo stesso l'omogeneità e la coralità di tutte quelle persone.
Mi chiedo quando in Italia sarà possibile respirare quella stessa atmosfera di integrazione che si trova ormai nel resto d'Europa?
Signor Presidente spero tanto che Lei non permetterà al presente governo di inasprire i rapporti tra gli italiani e gli immigrati, spero che Lei alzi la voce davanti a ministri che giustificano e incitano alla pulizia dei campi rom, spero che Lei faccia tutto quello che è in suo potere per rendersi portavoce della necessità di migliorare la politica di integrazione sociale di cui l'Italia ha oggi bisogno per confrontarsi alla pari con il resto del mondo e d'Europa.
Fiduciosa nella sua persona e nell'importante carica istituzionale che lei ricopre, la ringrazio per la sua attenzione e le auguro buon lavoro.
Cordiali saluti. Maria Vinci
(Pugliese, 34 anni, da 5 o 6 si dedica alla ricerca sul cancro. Ha studiato e lavorato a Milano (Ifom) e aHeidelberg in Germania. Ora si trova in Inghilterra)
http://www.repubblica.it/2008/05/sezioni/cronaca/sicurezza-politica-6/lettera-ricercatrice/lettera-ricercatrice.html

CARO direttore, mentre la destra italiana si appassiona ai tatuaggi di chi compie violenze, nel resto del mondo l'Italia è sotto la lente d'ingrandimento come Paese a rischio xenofobia. Giornali liberali (e persino conservatori) inglesi o tedeschi, francesi o spagnoli scrutano e trovano nelle vicende italiane i segnali di un nascente razzismo sottovalutato e non combattuto - quando non letteralmente alimentato se non altro dal punto di vista del clima politico - dal governo che si è insediato in queste settimane. Confesso che il dibattito sui tatuaggi (fuor di metafora, la discussione sulle appartenenze politiche dichiarate da chi compie i raid contro i negozi cingalesi) mi appare del tutto inutile o meglio gravemente dannoso. Non essere allarmati davanti a quello che accade è un pessimo segnale: il mito della giustizia fai-da-te è già un problema politico, l'aggressione a cittadini per la loro nazionalità o etnia è già l'annuncio di un rischio xenofobo. E' stata Famiglia cristiana a porre la domanda più provocatoria e imbarazzante: perché, se c'è tanta voglia di ronde, in questi anni nessuno le ha fatte contro i camion della camorra che portavano i rifiuti nelle discariche criminali?
La sicurezza è un problema reale e negarlo è un errore drammatico (certamente le forze della sinistra radicale, che lo hanno fatto, hanno pagato un prezzo salato a questo errore), ma è stato contemporaneamente un elemento fondamentale del marketing politico. Era, nella campagna elettorale, l'ingrediente più consistente usato dalla destra, cominciando dalla Lega che lo ha maneggiato con straordinaria abilità e improntitudine. L'uso della paura aiuta a vincere le elezioni, ma non aiuta a governare…Queste paure bisogna allora disinnescarle attraverso risposte, sociali e culturali. Ecco, disinnescarle è probabilmente la parola giusta. Non si possono negare o rimuovere come non si possono cavalcare o alimentare. Tutto può stare nello stesso contenitore della paura, non importa quali siano le vere cause dei singoli fenomeni sociali. Tutti diventiamo potenziali vittime. Ma la vittima è un soggetto debole e passivo. Tende ad accettare protezione in modo acritico, fino a giustificare la violenza come forma di difesa. E il rischio, oggi davvero ravvicinato, è quello della giustizia sommaria, dell'imbarbarimento dei rapporti civili.
Walter Veltroni
http://www.repubblica.it/2008/05/sezioni/cronaca/sicurezza-politica-6/veltroni-deriva-xenofoba/veltroni-deriva-xenofoba.html

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