sabato 12 settembre 2009

Non è un bel paese…

Terminato il tempo del cazzeggio balneare discettando di escort , festini a base di veline, o peggio , sulla sessualità del direttore dell’Avvenire , il popolo italiano rientra a casa e ritorna ad affrontare la realtà . Quella più cruda, quella di una crisi senza paragoni dal dopoguerra in poi. E chi ha creduto alle “sirene” che suonavano il motivetto per cui : “ l’Italia ha reagito meglio alla recessione internazionale “ non ci impiegherà molto a comprendere che è stato vittima dell’ennesima presa per i fondelli. Infatti se in Italia non si sono viste code davanti alle banche per ritirare i propri risparmi prima che queste fallissero o non vi sono stati disastri sul modello Lehman Brothers non è perché la crisi ci ha investiti in maniera più lieve . Molto più semplicemente è perché il nostro è un paese con un’ economia basata quasi essenzialmente sul settore manifatturiero. Non è una differenza da poco perché , se il tessuto economico è fatto di aziende anziché di società finanziarie , le prime , sebbene la crisi sia in atto con la medesima virulenza che in altri Stati, reagiscono con tempi di risposta assai diversi. L’onda di piena , per capirci, arriva dopo un po’ di tempo dall’inizio della crisi. E infatti da questo autunno i nodi arriveranno al pettine anche per gli italiani. Non ci vogliono i cervelloni per capire che se finora le aziende hanno tirato avanti con lo strumento della cassa integrazione questa tra un paio di mesi andrà ad esaurirsi .I numeri ci dicono che il ricorso alla “cassa” è aumentato del 500% . Questo dato può essere letto anche solo come un dato statistico, peccato che i soggetti che compongono quel numero sono svariate migliaia di persone in carne ed ossa che da diversi mesi devono vivere con circa 800-900 € al mese . Detto questo, dopo la cassa integrazione cosa rimane dietro l’angolo? Ove possibile la cassa integrazione straordinaria ( se l’azienda è di una dimensione accettabile) che significano altri 12/24 mesi alle stesse condizioni economiche di cui sopra , altrimenti si passa direttamente alla mobilità . Termine “aggraziato” , quest’ultimo, che indica però una realtà assai meno piacevole: ovvero la perdita del posto di lavoro. Vogliamo dunque parlare di cosa succede a dover campare con un assegno mensile che varia tra gli 800 ed i 900 € per due anni o più ? E vogliamo parlare di cosa accade quando ci si trova senza lavoro , magari a 50 anni di età e si cerca un’altra occupazione?
Bene ! Parliamone.
Intanto trovare qualcuno che assuma in questo momento è come vincere al superenalotto. Ammesso che si abbia la fortuna di trovare un’azienda in controtendenza rispetto a tutte le altre, credete che con 50 anni di età vi vengano spalancate le porte ? Provare per credere … I dati forniti da Confindustria ( non dai comunisti della CGIL anche se i numeri corrispondono) dicono che entro fine anno oltre 700.000 lavoratori perderanno il posto . Se calcoliamo che in gran parte dietro a queste persone c’è una famiglia composta da una moglie e mediamente 1.3 figli vogliamo dilettarci a fare il conto di quante persone passeranno un Natale a dir poco problematico? Certo non passeranno lo stesso Natale tutti i tromboni che ogni sera ci dilettano dagli schermi dei vari TG dicendo che: “ la crisi è passata “ oppure che: “ abbiamo ormai toccato il fondo e possiamo solo risalire ” e ancora che “ ormai siamo fuori dal tunnel.”
A questo quadro di per sé abbastanza desolante non abbiamo aggiunto la realtà di chi già prima della crisi viveva la condizione del precariato ; i cosiddetti lavoratori atipici (gli interinali per capirci, o i contratti a termine ) per semplificare ancora di più quelli che già dal momento in cui l’economia è entrata in crisi sono stati sacrificati sull’altare della riduzione dei costi da parte delle aziende. Tradotto in soldoni che cosa significa ? Semplicemente questo: altre migliaia di persone che, se fino a ieri non avevano la certezza di un posto di lavoro, oggi hanno una sicurezza : il posto di lavoro se lo devono proprio scordare.
Ma siamo italiani ed abbiamo alla guida del Governo il miglior Presidente del Consiglio degli ultimi 150 anni (parole sue…) non vogliamo farci mancare niente . Ed allora al quadretto già di per sé abbastanza desolante aggiungiamo anche questo : un paese che perderà , nel 2009 il 6% della propria ricchezza (il famoso PIL) e , se tutto va bene , recupererà lo 0,2% nel prossimo anno, non è un paese destinato a vivere momenti particolarmente felici. E’ un calcolo che saprebbe fare anche un bambino di terza elementare quello per cui , con uno zero virgola qualcosa all’anno di crescita , ci vorranno anni ed anni , solo per tornare allo stato in cui eravamo due anni fa. Se aggiungiamo alla scarsa ricchezza prodotta anche il fatto che il nostro debito pubblico è elevatissimo, viene facile pensare che per far minimamente quadrare i conti si preannunciano anni di “sangue sudore e lacrime”
A chi toccherà “pagare il conto” è facile a dirsi , vista la propensione di questo Governo a giocare al Robin Hood al contrario ,ovvero, togliere ai poveri per dare ai ricchi . Per prevedere che a subire i tagli più pesanti sarà inevitabilmente lo stato sociale ( leggasi sanità , pensioni, servizi pubblici eccetera ) non occorre essere né sofisticati economisti, né gli ex commercialisti del Presidente del Consiglio, né tantomeno avere la sfera di cristallo. Basta vedere come ha operato questo governo fino ad oggi!
Ci rendiamo conto che ci si potrà accusare di aver dipinto uno scenario alquanto fosco e in forte contrasto con l’ottimismo che a piene mani viene elargito da chi ha la responsabilità di governare questo paese. Purtroppo per costoro , le nostre modeste riflessioni non si basano su un’acredine politica che punta a svilire le mirabolanti imprese del centrodestra nazionale in campo economico. Le nostre riflessioni si basano su dati oggettivi che tutti i giorni siamo costretti a misurare concretamente.
Per riprendere il titolo : questo non è un bel paese , non può essere un bel paese quello in cui i lavoratori sono costretti ad arrampicarsi sulle gru o a vivere settimane sui tetti delle fabbriche solo per avere un minimo di attenzione dai telegiornali , troppo impegnati a dipingere di azzurro tutto quanto , a dibattere su George Clooney e la Canalis ignorando la disperazione e la solitudine di un pezzo sempre più grande del paese. Non è un bel paese quello in cui i suoi governanti corrono ad inchinarsi davanti ad un dittatore assassino e stanno alla finestra a guardare quello che succede in casa loro senza intervenire minimamente per porre rimedio limitandosi esclusivamente a pensare che : A dà passà a nuttata!

2 commenti:

NoirPink - modello PANDEMONIUM ha detto...

Ma dai, siamo il paese del "pEnem et circenses" e ti lamenti pure? Guarda un po' Canale 5, leggi un po' i resoconti sulle trombate di Silvio e poi domani guarda la partita: il mondo ti apparirà migliore!

Anonimo ha detto...

Scenario fosco il tuo? Io credo invece che la crisi non abbia toccato ancora il suo apice, non sò quando vedremo il peggio se tra qualche mese oppure tra un anno, ma questo arriverà. Mi spiego, secondo me siamo alle porte di una crisi valutaria che investirà il dollaro USA e questo sarà il peggio della crisi economica che potrebbe avvenire nei prossimi mesi e c’è il concreto rischio di una crisi valutaria a causa dell’eccessivo debito creato in questi mesi.
L’attuale ripresa non è che la conseguenza di un recupero dei consumi che erano arrivati ad essere minimi, e il consumatore non ha fatto altro che acquistare le cose di prima necessità e di cui aveva bisogno, limitando il superfluo. Come possiamo pensare che l’accoppiata debito e consumi, dove più faccio debito e più consumo, possa funzionare a medio lungo termine?
La Federal Reserve ha portato il debito pubblico alle stelle, con queste questioni aperte è difficile non continuare a vedere seri problemi che restano irrisolti. L’eccessivo debito pubblico USA sta soffocando l’economia, ma il mercato sta sottovalutando il tutto. Guardate i dati del PIL, il tasso disoccupazione, il debito pubblico e ditemi voi con questi numeri come si può guardare con fiducia al futuro. Se penso a queste cose, lo scenario che abbiamo di fronte non è ancora quello di una ripresa convincente. E quindi, lo ribadisco, resta forte il timore di una prossima nuova puntata della crisi.
Catastrofismo? Spero.